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  • Dino Jaserevic. La fotografia e  l’infanzia ritrovata
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Dino Jaserevic. La fotografia e l’infanzia ritrovata

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Dopo circa otto anni dalla sua ultima visita, ritorna da noi come gradito ospite  Dino Jaserevic, fotografo italiano di origine bosniaca, arrivato in Italia come rifugiato di guerra intorno alla fine del 1992 inizio 1993, seguendo la famiglia in fuga dal conflitto in Jugoslavia. 

Per mantenersi, inizia a lavorare come animatore estivo a contatto con bambini e anziani e questo, attualmente, è il suo lavoro principale oltre alla fotografia!

“Lavorare con i bambini mi piace moltissimo, con loro entro subito in sintonia e per me è come ritrovare quella parte di infanzia che mi è stata sottratta. Il mio essere bambino si manifesta e mi fa entrare subito in empatia con loro, tutto diventa molto più naturale senza filtri o pregiudizi.

Infatti i bambini sono privi di pregiudizi, giudicano per quello che vedono”

Appassionato da sempre di fotografia, Dino inizia il suo percorso dopo aver acquistato la prima macchina fotografica, una  Canon 50D.

 Il fato però si sa, ci mette sempre lo  zampino e, dopo una delusione d’amore, decide  di ritrovare la sua  pace interiore e, quindi, parte per un viaggio la cui meta classica per questo genere di spinte emotive  è  l’India.

Qui avviene del miracoloso: infatti, incontra un fotografo  di professione e decide di  seguirlo nei suoi spostamenti durante una  sezione di scatti a un gruppo di bambini. Questo fotografo decide di sfruttare l’abilità di Dino nel relazionarsi con loro, e per ringraziare Dino del suo impegno decide di insegnargli tutto ciò che sa sulla fotografia. Perciò, durante tutto il mese di viaggio, giorno dopo giorno  e in una sorta di  workshop continuo, gli trasmette tutta  l’essenza di questa arte.

Tornato in Italia, Dino capisce che, oltre che una passione, la fotografia, quando la si conosce in profondità, può diventare un mezzo di espressione molto potente e da qui in avanti non ha  più dubbi: questa è la strada da percorrere.

Continua a studiare, invaso da una forma di bulimia  inizia a leggere molti libri, che colleziona ancora  oggi, di fotografi  importanti che hanno fatto la storia della fotografia mondiale, aumentando così il suo bagaglio culturale in materia.

Si appassiona  in modo particolare alla street photography. Infatti, Dino usa la macchina fotografica come un taccuino, una sorte di diario dove prende appunti, attraverso le fotografie, di tutto ciò che lo incuriosisce e usa le sue immagini per raccontare la vita che lo circonda.

A tal proposito, ci porta il suo primo lavoro: si tratta della visione di un breve video dal titolo “Ogni giorno”. Si tratta di una serie di scatti  in b/n fatti in giro per il mondo, dove emerge una fotografia di tipo convulsiva; infatti, a sua stessa ammissione, lui scatta tutti i giorni e da qui il titolo del video. 

Per questa sua attitudine e passione, incontra, e poi entra a farne parte, un collettivo di streetphotograhy che si chiama “Spontanea” fondato da Umberto Verdoliva e qui conosce altri appassionati di questo genere fotografico che  si rendono disponibili a dargli consigli che lo faranno crescere da questo punto di vista. 

Da alcuni anni Dino è diventato padre di una splendida bambina di nome Chloe, entrata come uno tsunami nella sua vita. Infatti, gliel’ha stravolta fino a renderlo molto più sensibile  ed empatico con il prossimo, a partire dal periodo della gravidanza della moglie, e questo inevitabilmente modifica il suo modo di fotografare.

Con TRACKS and SCARS, la sua prima pubblicazione, Dino ci fa vedere una fotografia molto più intimista da cui emergono prevalentemente i particolari che gli suscitano delle emozioni, dando origine ad un progetto vero e proprio con un inizio e con, soprattutto, la difficoltà  di dare una fine trattandosi di un lavoro a lungo termine.

Il secondo lavoro presentato è Hocus  Focus, con scatti della piccola Chole realizzati con una vecchissima macchina foto digitale. Padre e figlia iniziano quindi a fotografare insieme, per cui osserviamo  il mondo visto da un’altra dimensione, ovvero con gli occhi di una bambina che  si sofferma sui dettagli sul micromondo che caratterizza  la sua vita.

Questo lavoro è stato  presentato a Portfolio Italia ed è stato molto apprezzato dai giudici per sua originalità, piazzandosi al secondo posto. Venne  poi presentato  in Umbria al centro della Fotografia d’autore   e qui rimane esposto per più di due mesi. Un ulteriore passo avanti per Dino!

Il lavoro successivo che ci ha presentato ha avuto il titolo “Si, Viaggiare”. Si tratta dell’unico a colori di tutta la serata, in quanto l’autore preferisce scattare in b/n, non riuscendo a trovare i colori e le sfumature che lo possano rappresentare al meglio.

Dopo una serie di domande e curiosità da parte dei soci presenti, Dino ci ha portato in anteprima Reborn, un progetto che è ancora in fase embrionale  e che nasce da una esperienza di vita familiare: il papà in fuga dal conflitto bosniaco decide di portarsi solo due valigie piene di fotografie di famiglia, che Dino accoppia  tra di loro cercando di farle dialogare per raccontare una storia.

 Le selezione attuale, tuttavia, ancora  non soddisfa pienamente l’autore che  non demorde e che sicuramente, nel nostro prossimo incontro, ci farà vedere un lavoro degno della  sensibilità che ha caratterizzato tutti i suoi lavori visti durante la serata.

(Testo di Antonio Di Napoli)