Ammetto, il titolo è un po’ singolare, ma ben si presta a sintetizzare la professionalità dei due fotoreporter di grande levatura che sono stati ospiti in due momenti diversi del nostro circolo. Ho deciso di dedicare loro un unico post sul blog, in quanto sia Roberto Travan che Mauro Talamonti sono affini nel loro modo di lavorare.
Roberto Travan, di professione giornalista, si è poi specializzato in reportage di guerra, seguendo vari conflitti sparsi in quasi tutto il Mondo. È stato in Kosovo, ad esempio, con il contingente NATO KFOR per descrivere le tensioni tra comunità albanese e serba. Nel 2013 ha seguito il conflitto tra cristiani anti Balaka e mussulmani Séléka nella Repubblica Centroafricana.
Ha testimoniato il conflitto in Afghanistan “embedded” con la missione ISAF a Kabul Herat e Shindand.
Nel 2015, poi, ha fatto reportage durante il conflitto tra filorussi e forze ucraine per controllare il Donbass. Ma non solo! Infatti, Roberto ha seguito e fotografato il conflitto del Negorno- Karabakh repubblica Ucraina, per la dichiarazione di indipendenza dall’ Azerbaijan.
L’elenco dei conflitti da lui seguiti è ancora lungo, tutti i suoi reportage sono stati pubblicati da LaStampa, testata presso cui lavora come giornalista da fine anni ‘80.
Nei suoi reportage, la guerra assume paradossalmente un aspetto apparentemente dignitoso, infatti i personaggi ritratti hanno quasi sempre un sorriso o una espressione di serenità, quasi a prendersi beffa della bestia nera che si rintana nelle menti di chi nutre tali conflitti.
Le immagini non sono cruente, anzi ritraggono i soggetti in momenti intimi (molti sono primi piani che mettono in risalto gli occhi carichi di narrativa, occhi che da soli riassumono l’essenza della guerra) lontani dal fronte, magari subito dopo un attacco o poco prima di uscire dai ricoveri, in alcuni casi senza farne più ritorno. Come dimenticare lo sguardo del soldato con il crocefisso nel taschino, che morì da lì a poco.
Foto iconica, con una carica emotiva enorme, cosi come l’immagine con cui ha chiuso la serata: quella dei ragazzini soldato.
Roberto ci ha successivamente spiegato che certe fotografie si realizzano solo quando si riesce ad entrare in una profonda empatia con i soggetti, parlando anche la loro lingua, tanto da essere considerato uno di loro.
Infatti, non portava mai con sé le macchine fotografiche nei primi momenti di contatto, ma solo dopo diversi giorni di conoscenza. Con alcuni di loro ha instaurato un rapporto di amicizia tale che ancora oggi sono in contatto, riuscendo a rincontrarli qui in Europa.
Con Mauro Talamonti, invece, cambiamo registro pur rimanendo su un altissimo livello professionale e ripercorriamo una forma di schizofrenia da lui stesso definita tale e molto particolare.
Mauro, fotografo e video maker, da ragazzo coltivava la passione per la musica e infatti il suo sogno era di suonare la chitarra in una band. Ben presto, però, ha capito che un’altra forma di arte si stava facendo largo nella sua vita. Per cui, inizia con piccoli lavori a mantenersi agli studi di cinematografia e fotografia dopo avere abbandonato il DAMS.
Inizia a lavorare come freelance e le sue immagini lo fanno conoscere alle più importanti agenzie fotografiche. Da lì, il suo inizio nel mondo della fotografia è stato un passo naturale.
Mauro ha seguito Alex Bellini, esploratore con cui ha fatto un viaggio in giro negli Stati Uniti, poi con la missione “ 10 Rivers 1 Ocean” attraverso i fiumi più inquinati al mondo e con la missione “ Garbage Patch” nell’oceano Pacifico per denunciare l’allarme inquinamento da plastica.
Anche Mauro Talamonti, come il collega Travan, si è trovato in Ucraina a documentare la crisi politica nel 2014. Infatti, il file rouge che lega i due fotoreporter è il modo maniacale di preparare i reportage ancora prima di partire, studiando sulla carta tutto nei minimi particolari, dal viaggio alla situazione che si andrà a trovare ma soprattutto l’umiltà di approccio con chi sta soffrendo per la negazione della propria libertà, a rischio della vita.
Mauro Talamonti, durante l’incontro con noi del Gruppo Fotografico La Mole, ha presentato i suoi lavori con titolo “ Foto- Schizofrenia: Fotografare il Contrasto del mondo (rimanendo possibilmente sani di mente)”.
Che detto così, per chi non ha assistito alla serata, può suonare incomprensibile ma, vi assicuro, che le immagini e i racconti di Mauro, grande comunicatore, sono state esaustive a chiarire il concetto.
In apertura, Mauro ha portato le foto del viaggio, che ha fatto al seguito di Alex Bellini, attraverso il fiume Gange a bordo di una zattera di fortuna realizzata da loro stessi, con l’aiuto di alcuni volontari del posto (che, vedendoli in difficoltà, si sono prestati a dare loro un mano) e costruita con dei bidoni di plastica e assi di legno, per denunciare il dilagare della plastica che soffoca i fiumi e tutto ciò che è vita, fino ad arrivare al mare a formare delle vere e proprie isole di plastica.
Le fotografie, molto toccanti, come un vero colpo alla stomaco ci rimandavano a un mondo a noi lontano fatto di povertà, miseria e sporcizia, date dall’elevato tasso di inquinamento.
Però, anche in questo caso come con Roberto Travan , e qui mi riallaccio a quanto affermavo all’inizio, le persone non venivano mai ritratte in momenti di disperazione, grazie al suo fixer ( la guida del posto, che lo accompagnò in giro per l’India) Totem, che è riuscito a farlo entrare durante una inaccessibile cerimonia di cremazione sulle rive del Gange.
Nel giro di ventiquattro ore, Mauro si è trovato catapultato a Doha, in Qatar, (in valigia ancora i panni sporchi e malodoranti) in quanto fotografo ufficiale di Honda per un servizio su Marc Marquez e Jorge Lorenzo, durante il MotoGP.
Da qui, prende corpo la schizofrenia di Mauro: negli occhi, ancora i colori che vanno dal marrone al giallo all’arancione, le immagini di un continente dove è vero tutto il contrario di tutto e un cui il dramma umano assume una valenza di normalità e nel naso ancora l’odore acre come di una discarica a cielo aperto, da cui se ne esce devastati moralmente, mentre lui si trova di colpo in un ambiente completamente all’opposto, dove si respira aria di benessere, bellezza, efficenza portata all’estremo, con una nota di realtà artificiale. Di colpo varia il modo di approcciarsi alle persone, in questo caso sono i campioni mondiali di MotoGP e il loro entourage, e cambia lo stile fotografico. Solo un professionista molto sensibile come Mauro, superato lo stordimento iniziale, può dare il meglio di sé.
Infatti, le fotografie proiettate sono tecnicamente perfette, però in Mauro generano un senso di distacco e rappresentano di sicuro una ottima occasione di lavoro ad altissimi livelli ma niente di più. Il ricordo va subito a quello che ha lascito in India, ai suoi compagni di viaggio, alla dignità vera di chi soffre con rassegnazione, consci che rappresenta solo un momento di passaggio terreno per una vita migliore.
Infine, Mauro Talamonti ha presentato in anteprima il suo ultimo lavoro “Dietro La Maschera”, realizzato nei giorni di lockdown nell’Ospedale Amedeo di Savoia qui a Torino, in cui ritrae i medici impegnati in prima linea nei reparti di maggior contagio.
Mauro li fotografa con e senza mascherina e ne risultano dei ritratti molto belli e, se pur ci portano a momenti drammatici, l’impatto visivo è dolcissimo.
Ma, questo nuovo lavoro, sarà motivo di un prossimo incontro con noi del G. F. LaMole.
Testo di Antonio Di Napoli foto di Antonio Di Napoli + alcune tratte da lavori di R. Travan e M. Talamonti